Movimenti dinamici, posizioni statiche e tecniche respiratorie vengono utilizzati per metterci in relazione con il funzionamento estremamente complesso e sottile del nostro corpo e della nostra mente.
Lo yoga è un prezioso mezzo di trasformazione interiore: durante la pratica l’affinamento della coscienza corporea, l’acquietarsi dell’agitazione mentale e la presa di coscienza dei nostri squilibri possono creare le condizioni per la nascita di una nuova sensibilità e di una percezione della realtà libera da condizionamenti.
La calma e il rilassamento, spesso erroneamente considerati gli obiettivi primari dello yoga, risultano essere il punto di partenza del percorso.
Tutti i piani dell’essere umano vengono coinvolti e stimolati dalla pratica grazie all’utilizzo di diversi strumenti: asana (le posizioni dello yoga ovvero la coscienza del corpo), pranayama (le tecniche respiratorie ovvero la coscienza del respiro), mudra (gesti psichici), bandha (sigilli energetici, legature) e dharana (concentrazione ovvero attenzione mirata). L’equilibrio neurofisiologico generato dalla coordinazione armoniosa di questi elementi crea le basi della meditazione.
La meditazione
Definire cos’è la meditazione è come cercare di descrivere un sentimento profondo: le parole non sembrano mai riuscire a farci percepire la sua essenza.
Per facilitare la comprensione, possiamo però esaminarne due aspetti ben distinti.
Uno è l’atto formale e concreto che inizia col sedersi in una posizione adeguata alle nostre possibilità (a gambe incrociate, su un cuscino o su una sedia) e prosegue con l’utilizzo di una serie di tecniche e supporti all’attenzione per sviluppare capacità di ascolto e osservazione.
L’altro è lo stato meditativo: non vi è più un fare per ottenere, ma ci si può ritrovare in una sospensione, in un emergere inaspettato di una percezione completamente nuova della vita dentro e intorno a noi.
Facciamoci guidare dalle parole di Vimala Thakar:
«Essenzialmente, la meditazione è un movimento non cerebrale della coscienza umana […] è uno stato dell’essere, non un’attività. La maggior parte delle persone pensa che la meditazione riguardi solo la mente e non il corpo. Pensa che riguardi il cervello e le sue attività e crede che fermando tali attività possa forzarsi nello stato di meditazione […] La parola meditazione ha moltissime associazioni. Per arrivare al più profondo significato della meditazione, dobbiamo studiare le associazioni di idee e di emozioni. Per scoprire cosa è la meditazione dobbiamo esplorare cosa essa non è. Non ci occupiamo qui della parola meditazione come termine derivato dal verbo “meditare circa”, “ponderare su”. In questa accezione, meditare implica un’attività mentale o cerebrale dove c’è una relazione tra un soggetto e un oggetto. Il verbo meditare suggerisce l’immagine di un individuo che contempla, che medita su qualche oggetto o su qualche punto focale scelto in precedenza.
L’individuo mette a fuoco l’attenzione esclusivamente su un punto predeterminato per un tempo dato, e si sforza consciamente di mantenere l’attenzione su quel punto. Questo tipo di attività dovrebbe essere più propriamente chiamato concentrazione e non meditazione […] In sanscrito si fa distinzione tra “concentrazione” e “meditazione”, usando le parole dharana e dhyana. Dharana, paragonabile al nostro termine “concentrazione”, significa “tenere, mantenere l’attenzione”. Dhyana, analogo al nostro termine “meditazione”, si riferisce ad uno stato dell’essere nel quale si manifesta una consapevolezza senza sforzo e senza scelta di ciò che la vita è interiormente ed esteriormente».
Vimala Thakar sulla meditazione, tratto da Vivere, UbaldiniEditore